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Cinquanta sfumature di nulla cosmico: il libro che vi farà venire voglia… di leggere altro

by martamalengo · 07/22/2012

[E.L. James, Cinquanta Sfumature di Grigio, Mondadori]

Qualche tempo fa. Cocktail letterario.
Non ricordo come si chiamasse, ma so che era di sesso maschile e indossava una bizzarra maglietta.
La conversazione, vista l’occasione, si sposta in fretta sui libri: che libro stai leggendo, cosa c’è sopra il tuo comodino, eccetera. Parto con il mio elenco di autori, che il caso vuole siano tutti inglesi.
“Ma dai?! Anch’io sto leggendo un autore inglese. Autrice, per essere precisi”.
“Ah, sì? E chi?”
A questo punto, lo vedo accendersi come animato da fuoco sacro. Dopo 40 (q-u-a-r-a-n-t-a!) minuti di fiume in piena – a senso unico, naturalmente – traboccante di “devi ASSOLUTAMENTE leggerlo… descrizioni INCREDIBILI… scene IRRIPETIBILI… sesso… sesso… sesso…” sento l’urgenza di andare a riempire il mio bicchiere di vino, vuoto da troppo tempo. E addio.
Quando torno a casa, le sole due cose che mi ricordo sono la maglietta e una parola: sfumature.

Fermamente convinta che per (s)parlare di qualsivoglia argomento sia necessario averne una certa cognizione, decido di iniziare a leggere l’assolutamente imperdibile, incredibile e irripetibile trilogia.

[Ora, è doveroso che io apra una piccola parentesi. Chi mi conosce lo sa: non sono affatto quella che si direbbe “una lettrice con la puzza sotto il naso”. I finti intellettualoidi che spacciano per leggibile solo ciò che esce dal calamaio di autori cosiddetti di nicchia, dal nome impronunciabile e dalle carte introvabili, non fanno per me. Per quanto mi riguarda, ben venga qualsiasi prodotto editoriale, chick-lit compresa: ho divorato gli shopping-book della Kinsella, quando qualcuno demolisce un libro la prima cosa che faccio è leggerlo, e nella mia libreria si può pure incappare in qualche copertina rosa shocking e turchese che tanto va di moda. Giusto per rendere l’idea].

Ma quando è troppo, è troppo anche per me.

Ero partita da brava scolaretta con il primo capitolo della saga – il Grigio – armata di una certa curiosità. Dopo le prime pagine, ahimè, la realtà mi è stata subito chiara: scopiazzamento da varie fonti letterarie (saga Twilight in primis), tentativo attraverso il continuo dialogo tra la protagonista e la sua “dea interiore” di elevare il livello di una scrittura che chiamare tale è un delitto, storia inesistente. Eppure sono arrivata alla fine. Non solo: ho anche iniziato il secondo (a volte perseverare è veramente diabolico, lo so: ho scritto “iniziato” però, non a caso). Perché, direte voi? Perché desideravo ardentemente capire dove l’autrice volesse andare a parare. Mi dicevo: vediamo fin dove arriva. Vediamo, soprattutto, se il finale mi riserverà un coup de théatre o qualcosa di simile in grado di giustificare almeno parzialmente l’enorme successo di pubblico.
Ebbene, non ho trovato nulla di tutto ciò. La conclusione del n. 1 – ovviamente aperta per permetterne il prosieguo – è di una banalità sconvolgente. Più che un colpo di teatro, un colpo di cintura (anzi sette per la precisione). Sparatemi.
Mi sono ritrovata davanti a 548 pagine di nulla cosmico.
I due protagonisti – e in pratica gli unici, se si esclude qualche sporadica incursione – non esistono: niente si sa della loro personalità o carattere. A parte che lui, il dominatore Christian Grey (ah, ecco da dove viene il titolo…!) è bello come un dio – priapeo oserei dire, viste certe tanto decantate dimensioni -, dedito al sadismo per presunti traumi infantili (ma dai?! non l’avrei mai detto!), ama le Audi e gira con l’elicottero. L’altra, la sottomessa Anastasia Steele, è quella che si vorrebbe dipingere come la classica insignificante, insipida sfigatella – ma con uno stuolo di ipotetici spasimanti e un fisico da paura, fatalità , si sente Tess dei d’Urberville e predilige la mia stessa marca di tè (devo preoccuparmi?). Ah, naturalmente è vergine. Almeno fino alle prime cento pagine circa. Dopo di che, vai con le cavalcate ogni 3×2 (e non è uno sconto, credetemi). A letto, per terra, in ascensore, nella famigerata “stanza rossa dei giochi” – che vi lascio immaginare cosa sia – con l’ausilio o meno di vari attrezzi, nemmeno questi descritti con dovizia di particolari (forse l’autrice avrebbe dovuto fare qualche ricerca in più). E voi direte: embè, divertente no? No. Non si ecciterebbe nemmeno qualcuno con la dipendenza da sesso alla Michael Douglas. E vi assicuro che dopo l’ennesimo “crollò sopra di me” e il centesimo “venne urlando il mio nome” ne avreste abbastanza anche voi.
La trama? Scordatevela! Non c’è. Però c’è l’amore, questo sì. I due protagonisti si amano talmente tanto che lui si eccita prendendola a sberle nel didietro, e lei viene meno (ops! scusate il giuoco di parole) ai suoi sani principi non perché se lo lasci fare – per carità, de gustibus – ma perché per renderlo felice è costretta ad accettare come regalo di laurea una macchina nuova rosso fiammante. Audi, naturalmente.

Eppure, il primo capitolo poteva anche starci. Tutto sommato (e molto sottraendo) l’ho letto in poco tempo, a tratti era talmente assurdo che ci ho pure riso sopra. La regola n. 3 del contratto tra il DOMINATORE e la SOTTOMESSA me la ricorderò finché campo: “La sottomessa mangerà regolarmente per mantenersi in forma e in salute, scegliendo da una lista prescritta di cibi. La sottomessa eviterà gli spuntini fuori pasto, a eccezione della frutta”. E’ proprio vero quello che dicevano i nostri nonni: si vede che qualcuno ti vuol bene da quanto ha a cuore la tua alimentazione.
Ma il secondo capitolo… “Oh, mio Dio” (altra frase che compare svariate volte, devo spiegarvene il contesto?). Le sfumature di nero proprio non si possono reggere – né leggere. Ho superato la metà e la noia mi sta attanagliando. Non succede niente. Ma NIENTE! Anzi: il bel protagonista, desideroso di imparare ad amare davvero, cerca a tutti i costi di redimersi. E allora via il campionario bondage, facciamo solo quello che viene chiamato “sesso alla vaniglia” (lo so, abbiate pazienza). Nemmeno l’ombra di un piccolo, minuscolo vibratore che si trovi a passare di lì per caso. Mr. Grey mi direbbe: “Che romantica, miss Librarian!”.

Alla fine della fiera, l’unica cosa di cui mi sia venuta voglia è… leggere. Tutt’altro, per la precisione.
Avverto quell’inconfondibile frizzicorino alla pancia che mi dice “chiudilo e aprine un altro, subito!”.
Ed è quello che farò.

Chi cerca il peccato in Cinquanta sfumature non lo troverà. Chi cerca una lettura piacevole e divertente nemmeno. Il suo peccato più grande è non riuscire a divertire. E per una saga letteraria il cui scopo principale dovrebbe essere questo, direi che è imperdonabile.

Caro amico dalla maglietta strana, che delusione! Nemmeno quelle che mi avevi descritto come “scene irripetibili e impossibili da mettere in pratica se non muniti di superpoteri” alla fine mi sembrano più tali, anzi (d’accordo, in alcuni casi magari mettiamo da parte corde, pinze e cinghie…).

Oddio, che sia improvvisamente diventata una dea del sesso?!

Il consiglio della Librarian
Leggetelo: vi farà venire voglia di passare ad altro, sicuramente migliore.
Se l’avete malauguratamente comprato, donatelo alla biblioteca di quartiere: mi è stato detto che è impossibile evadere le decine di prenotazioni che piovono quotidianamente. Suvvia, non vorrete mica contribuire ad affossare il già precario stato finanziario delle biblioteche?! Almeno farete un’opera di bene.

Quotes
Una sola, a dire il vero. Ed è la frase che più caratterizza l’intera opera, quella che vi fa dire “cribbio, ho speso 14.90 euro ben volentieri!”. Quella da segnare nel vostro quadernetto dei bei pensieri, da aprire e rileggere all’occorrenza. Eccola, ve la regalo. Perché sono buona come un gelato (alla vaniglia).

“Questo significa che stanotte farai l’amore con me, Christian?”
“No, Anastasia. Io non faccio l’amore; io fotto… senza pietà”

Mi domando perché non l’abbiano messa in quarta di copertina. Qualche idea?

p.l.

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