Tema del salone del libro di Torino, quest’anno, è “Io, gli altri”. Il ché non mi suggerisce lunghe perlustrazioni filosofiche sul mio rapporto con chi mi sta attorno, buoniste divagazioni infarcite di ipocrisia sul filo del “cosa faccio per loro?”, o banalità simili. Direi che come prima cosa mi viene da chiedere a me stessa, prima che agli altri, un po’ di sincerità. Almeno letterariamente parlando!
Sarà che mi sono appena svegliata da un lungo sonno pomeridiano rompi-giornata (oltre che rompi-palle), ma mi sento un po’ cattivella. Così metto giù un pensiero semplice semplice che mi ronza nella testa già da un po’.
Voglio parlare con chi si bea di dire “Dan Brown non è letteratura. Moccia non è letteratura. Melissa Panarello non è letteratura. Baricco non è letteratura” eccetera eccetera. La lista risulta lunga e sicuramente in esponenziale crescita. Ognuno di noi, prima o poi, un pensiero del genere l’avrà pur fatto. Io stessa, per prima, lo ammetto. Ma allo stesso modo, sono convinta del popolino dei cosiddetti lettori, prima o poi, avrà anche svolto l’azione contraria, ovvero leggere uno dei tanto citati “libri proibiti”. Cosa importa se poi sul comodino ha pile di saggi grondanti erudizione, riviste pregne di filosofia, romanzoni storici infarciti di parolone e via così. L’ha letto. Magari per caso, dopo che la squinzia di turno l’aveva abbandonato sulla mensola del salotto prima del rendez-vu. Oppure giacente sul mobiletto d’entrata a casa di amici. Oppure… se l’è addirittura comprato di tasca sua. Fatto sta che l’ha letto. L’ha fatto davvero. E -udite udite – non si è mai divertito tanto.
Eppure, universalmente, questa è una di quelle cose da tenere per sè. Qualcosa di cui vergognarsi. Un po’ come un piccolo fallimento, o un brutto voto. Nemmeno che una tale dichiarazione fosse chissà che ammissione di colpa.
E così, oggi dico: siamo sinceri! Se non abbiamo voglia di esserlo con gli altri, almeno con noi stessi. Tiriamo fuori quel libro che avevamo sepolto dietro la libreria, non degno di starsene in mezzo agli altri, e urliamolo a gran voce: “ho letto ics ipsilon zeta. E mi sono divertito da morire”. Comincio io. Ho divorato Angeli e demoni del tanto criticato Brown, e per due giorni non ho pensato nemmeno un minuto alle tristezze della vita. Meglio di un tonico anni Cinquanta o di un weekend in Spa. E molto meno costoso. Chi se ne frega se la scrittura non è da premio nobel e di certo non fa dell’attendibilità storica il suo punto di forza? Se mi volevo leggere un libro di storia mi prendevo Montanelli, e non se ne parlava più.
Non so se ci sentiremo meglio. Io un po’ si. Non per essere stata baluardo di virtù e lealtà. Ma per essermi ricordata che la varietà è il sale della vita.
E pure lo zucchero, il pepe, lo zafferano, l’aglio, il limone, l’avocado, il peperoncino…
Post sempre più impegnati, eh? Ciao Marta, I’m back!
Era ora! Ma sacramento, dov’eri finito?? Non dovevi essere il mio fan numero uno?! 😉
si può leggere tutto e non mi vergogno di leggere niente di quanto mi piace o mi dà piacere.
tuttavia, a parte i citati e considerando che i livelli di letteratura possono essere numerosi e tanti, non posso definire letteratura tutto quanto viene su carta stampato.
altrimenti la regola varrebbe anche per le pagine gialle.
:o)
non c’è davvero nessun libro, che mi sia piaciuto, di cui mi vergogni.
[ma a chi importa mettere l’etichetta di “letterario”? ci sono libri belli e libri brutti e libri utili e inutili e. punto. e non tutti i gusti sono alla menta.]
qlo, hai ragionissima. Non è mia intenzione mettere l’etichetta di letterario a tutto, anzi. Mi sono semplicemente voluta togliere un sassolino nei confronti di chi si bea di giudicare a destra e a manca e magari spesso – a differenza mia e tua – si vergogna di ammettere le proprie letture. Così succede come “quei” politici che non ha mai votato NESSUNO, però poi, fatalità, stanno lì pacifici sui loro scranni!
Per fortuna, abbiamo tanti gusti diversi e soprattutto tante lingue con molteplici e scatenate papille. Così di gusti ce ne saranno ancora tanti da scoprire… alla menta, o no.
Chi fa distinzioni fa “razzismo” letterario. I grandi classici di oggi, un tempo, non era forse letteratura “proibita”? Dumas non scriveva forse storie a puntate per le riviste, così da guadagnare il pane con cui vivere (i tre moschettieri)?
Per cui… perché dovremmo fare delle distinzioni, oggi? E' ipocrita e assurdo. I testi di oggi verranno giudicati dai lettori di domani. Moccia scrive per parlare ai giovani. Magari i “saccenti” non riescono a comprendere quel messaggio… ma i giovani sì. E i giovani di oggi saranno gli adulti di domani, i lettori di domani, e alcuni di loro saranno i “saccenti” di domani.
Lessi Angeli e Demoni quando fu un plof colossale (alla sua prima uscita) e non mi piacque. Non ho letto Il codice da Vinci. Ho letto 3MSC di Moccia e anche il suo seguito. Magari non apprezzo il suo stile narrativo ma mi sono affezionato a Step. Perché vergognarsi di ciò che si legge?
Il libro è come uno scrigno. Finché non lo si apre, non si può sapere ciò che contiene. Anzi… è come uno scrigno magico, perché il suo contenuto è diverso a seconda di chi lo apre ed è proprio chi lo apre a decidere come sarà il contenuto!
Gloutchov, condivido al cento per cento. Chi siamo noi per giudicare? Al massimo possiamo farlo con noi stessi, ed i nostri gusti personali.
Ma fatalità, de gustibus…