La lettera di ieri (e quella che forse un giorno verrà)

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Se lavori in una biblioteca può capitarti di avere fra le mani una lettera come questa.
Se lavori in una biblioteca, può capitarti di leggerla, anche se una parte di te si sente in colpa, come se stesse curiosando nell’intimità altrui.
Ma se lavori in una biblioteca, ti dici che lo fai per lavoro, e leggi.


“Da una settimana mi è stato conferito il titolo di dottore, ma devo dire che non mi sento affatto diversa da prima […] Anzi, forse adesso sono un po’ preoccupata, perché pare che siano bloccate le assunzioni: io desidero rimanere nell’istituto dove ho preparato la tesi e lavorerò volentieri, ma l’idea di farlo gratis mi spaventa un po’ […] Pensavo in questi giorni come l’abitudine a scrivere si sia persa, deve essere colpa della vita frenetica che siamo costretti a fare nonché dei disservizi postali: in effetti sembrano tempi leggendari quelli in cui una lettera arrivava dopo tre giorni […] Vicenza è una città che non riesco bene a figurarmi nella vita quotidiana: le poche volte che ci sono stata ho sempre avuto l’impressione che fosse vuota…”.


E quando hai finito di farlo e butti gli occhi sulla data, ti viene un piccolo brivido lungo la schiena.
3 Novembre 1974
Pensi che queste stesse parole potrebbero essere scritte oggi. Che le preoccupazioni di allora sembrano le stesse. Che anche per te è così (postino compreso).
E invece sono già passati quasi quarant’anni, più della tua stessa vita, e siamo punto e a capo.
E ti chiedi quando le cose cambieranno mai.
Questa lettera è stata trovata fra le pagine di un libro di Piero Nardi. A scriverla è una nipote, da cui non mi sento poi molto diversa.
Nardi era un insegnante e critico letterario vicentino. A ripensare alla sua vita, a vedere la sua biblioteca personale, zeppa di libri con autografi degli amici di penna e di lettere, un po’ di speranza ti viene. Leggi le dediche di Giorgio Bassani, di Eugenio Montale, di Sibilla Aleramo, piene di affetto e di riconoscenza, e sorridi.
Ma quelli erano Altri tempi, come Nardi deciderà di intitolare una sua autobiografia. Tempi in cui la cultura ancora contava – e contava universalmente, non solo per te. Che lavori in una biblioteca non sai per quanto, e non vuoi ricordare come.
Sperando un giorno di scrivere una lettera diversa da questa.

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1 commento

  1. Monica P. ha detto:

    Ci si riconosce proprio in quelle parole. è proprio triste che dopo 35 anni siamo alla stessa situazione. amarezza.

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