Questo post è dedicato agli ossessionati.
Ma anche agli ossessivi.
Naturalmente, agli ossessionanti.
E, perché no, agli ossessi.
Di ossessione – quella d’amore ovviamente – abbiamo parlato giovedì scorso. O meglio, io ne ho parlato. Visto che il mio co-conduttore sembra sempre più restio a rispondere alle domande (l’avevate mai notato?) mentre io, ormai, ho preso il mio piccolo cuore e dato in pasto a tutti voi.
Ma non me ne pento: soprattutto quando si tratta di parlare di libri ossessionanti, come quello che abbiamo scelto per questa puntata.
E’ un autore amatissimo da Alessandro, colpevole di avere scritto un romanzo che dire struggente è poco. Si tratta di William Somerset Maugham e del suo Schiavo d’amore (il titolo la dice decisamente lunga). Ho deciso di riproporre il brano per intero, mi sembra significativo oltre che splendidamente ossessionante.
“Philip non si abbandonava volontariamente alla passione che lo consumava. Sapeva che ogni cosa umana è transitoria e che perciò quella che stava vivendo era destinata a cessare un giorno o l’altro, ed aspettava con ansia quel giorno. L’amore era nel suo cuore come un odioso parassita che si nutriva col sangue della sua vita e assorbiva la sua esistenza così intensamente che gli impediva di trovare piacere in qualsiasi altra cosa. Un tempo si era deliziato della grazia di St. James’ s Park ed era solito recarsi a contemplare i rami di un albero stagliati contro il cielo, come nelle stampe giapponesi. Con le sue rive e i suoi scali, il Tamigi gli offriva un continuo magico spettacolo, e il cielo mutevole di Londra aveva riempito la sua anima di piacevoli fantasticherie. Ma ora la bellezza non significava più nulla per lui. Quando non era con Mildred si sentiva annoiato e inquieto. A volte sperava di distrarsi nella contemplazione dei quadri, ma attraversava le sale della National Gallery come un passeggiatore indifferente e nessun quadro gli dava un brivido di emozione. Chissà se avrebbe apprezzato ancora le cose che aveva tanto amato? Aveva adorato la letteratura, ma adesso i libri non gli dicevano nulla. (…) L’amore era un tormento e il suo giogo un peso insopportabile. Philip si sentiva come un prigioniero che aneli la libertà. A volte si svegliava la mattina senza sentire nulla e la sua anima balzava di gioia perché gli sembrava di essere libero: non amava più. Ma a poco a poco mentre si svegliava meglio, il cuore ricominciava a dolergli. Non era ancora guarito. Nonostante il suo pazzo desiderio, disprezzava Mildred e pensava che non vi fosse maggiore tortura al mondo che amare e disprezzare nello stesso tempo.”
(W. S. Maugham, Schiavo d’amore, Adelphi)
E adesso veniamo alla consueta lettura del
Manuale. Eh sì, perché checché ne dica l’autore (o meglio, checché
non dica), qualche ossessione l’ha avuta pure lui, specie se parliamo di
tentativi di recupero. Ed è proprio dall’omonimo capitolo che
vengono tali perle di
ossessiva saggezza:
“La dedizione rende lo spasimante solare, aitante, addirittura snello – si perdono non pochi chili -, specularmente a quanto lo abbatterà constatare l’inutilità degli assalti. Capirà che si sta schiantando e scivolerà lungo il vetro dell’indifferenza frapposto dall’altro.
A volte la rivendicazione appare malsana: controllo ossessivo, insulti, messaggi osceni, telefonate persecutorie, imboscate, azioni tese a impedire di far vita sociale o di rifarsene una sentimentale.”
(A. Zaltron, Manuale per i(n)felici amanti, zero91)
E così, tra struggimenti, finestre prese a sassate, identità perse e poi ritrovate, siamo giunti anche alla fine di questa dodicesima puntata. Nella prossima ci saranno gli amori impossibili: i vostri, che ci avete raccontato, e anche… i miei.
Continuate a seguirci, come sempre col cuore.
p.l.
Per ascoltare la trasmissione: Radio Onda 1
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