Una storia quasi perfetta – Mariapia Veladiano

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Alzi la mano chi non ha mai incontrato il seduttore, uomo o donna che sia.
E l’articolo determinativo non è a caso.
Il seduttore non dichiara di esserlo. Non si atteggia a seduttore. Non finge, non si pavoneggia, non si gloria di se stesso. Semplicemente è.
Le storie del seduttore sono indimenticabili. Appassionate. Uniche. Non sono perfette, ma quasi.

Io i seduttori li ammiro. Ammiro la loro arte, perché di deliziosa arte si tratta. Ammiro il loro raffinato gioco. Ammiro la loro intelligenza, perché per potersi esprimere al meglio con una certa singolare maestria – nei modi, negli atteggiamenti, nella ricercata arte oratoria – si richiede la giusta dose di intelligenza. Ammiro la loro danza, durante la quale lasciano abilmente credere all’altro di condurre. Ammiro il loro districarsi tra il dare abbastanza ma mai troppo, sempre sul filo del rasoio in un sottile meccanismo che li porta a non svelarsi mai del tutto.
Ma, ahimè, il seduttore cade sempre nel momento della fine. Quando abbiamo visto il suo trionfo, quando tocca l’apice. L’uscita di scena del seduttore non è mai degna del suo ingresso, non è mai allo stesso livello della sua storia. È sempre misera, veloce, raggrinzita come i fogli di un giornale vecchio. Ammettiamolo: il seduttore, quando è tempo di chiudere, non ci fa mai una bella figura. Ha tecniche ben collaudate e col tempo studiate, questo sì – negarsi al telefono, non presentarsi agli appuntamenti, iniziare a spargere qui e là qualche menzogna di troppo – ma tutto sommato sono tecniche noiose. Non divertono neanche l’animo più cinico. Non sono memorabili. Perdono, ecco, quello che ha contraddistinto il seduttore fino a un istante prima: l’eleganza.
Il seduttore che ci racconta Mariapia Veladiano me lo sono immaginata così. Non ha un nome, perché non ha bisogno di averlo, e probabilmente non è nemmeno particolarmente bello. Eppure è il seduttore. Desiderato fino alla morte. Amato. Abile nel plasmare se stesso in base a chi ha di fronte.
È un’esperienza interessante entrare nella sua testa, nei suoi pensieri, nelle parole mai usate a caso, nella costruzione del suo implacabile fascino. Come è bello entrare nella mente e nell’anima di Bianca – lei sì ha un nome – che del seduttore si innamora. Bianca che ama i fiori, il suo giardino curato, la sua casa con le pareti dipinte. Bianca che ha un figlio nato da un amore lontano, ed è per questo che non finisce subito in quella dolcissima rete. Bianca che disegna e dipinge i fiori e le piante in un modo ultraterreno. Bianca che è diversa da tutte le altre, ed è questo, per un attimo, a mettere in crisi il seduttore. Bianca che non vuole essere lasciata cadere, eppure deciderà di vivere la sua storia quasi perfetta.
Alzi la mano chi non ha mai incontrato il seduttore. Facile, no? Perché il seduttore non si dimentica, anche se non ha un nome. Come non si dimenticherà questo amore narrato con la scrittura particolare dell’autrice, che scivola in gola come dolcissimo miele eppure è capace di spezzarti. In una Vicenza che torna a essere protagonista, silenziosa spettatrice di una storia destinata a finire come tutte le altre, destinata a finire come tutti si aspettano che finisca. O forse no.
Mariapia Veladiano, Una storia quasi perfetta, Guanda 2016
 
 

 

 

 
Foto della presentazione di Mariapia Veladiano con Valeria Mancini – Vicenza, Palazzo Cordellina, febbraio 2016

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