C’è crisi: caro Zingales, come ne usciamo?

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[Luigi Zingales]

Ammetto che di Luigi Zingales – super economista patavino trapiantato a New York – non ho letto nulla (ma ho saputo che sua moglie arriva a pagina 10 e poi lancia le sudate carte del marito fuori dalla finestra, quindi mi consolo).
Ammetto anche che in quel preciso momento avrei dovuto trovarmi da tutt’altra parte della città a gustarmi un aperitivo letterario con uno degli chef più noti d’Italia (del quale tuttavia, una volta arrivata – trafelata come sempre, essendomi come sempre persa – sono riuscita a malapena a intravedere un ciuffo di capelli, causa sovraffollamento di massaie in eccitazione).
Ma alla fine il caso, chiamiamolo così anche se poco ci credo, ha voluto che mi ritrovassi in seconda fila – insieme ai vips! – ad ascoltarti, caro Luigi, e devo dire che mi hai profondamente colpita.

Be’, quando sono riuscita a capirti, ovviamente. Mica si diventa super economisti a livello planetario se tutti, ma tutti tutti ti capiscono, no? Altrimenti, il genio dove sta?
Eppure, mi sei piaciuto molto. Sicuro di te, padrone di ogni tua parola, con quell’accento divenuto ormai vagamente yankee… (Mica scema la suddetta moglie, anche se come ci hai spassosamente raccontato hai dovuto faticare per far capire in America che l’equazione ITALIANI –> BERLUSCONI –> BUNGA BUNGA non è una costante).
Tant’è, questo è quello che ho capito – e francamente non credo di sbagliarmi se ritengo quelli che seguono i punti chiave del tuo pensiero:

– Involuzione mostruosa
– Stiamo combattendo controvento
– In Italia siamo abituati a dire “pago dopo”: solo che “dopo” ci ritroviamo in meno e meno ricchi
– Abbassare le tasse e ridurre i costi del fare impresa
– In Italia finora ha fatto carriera chi aveva i contatti giusti [Questo però lo dice anche mia madre]
– “Faccendiere” in inglese è un termine che non esiste. In Italia, invece, è un mestiere – chiamiamolo così! – che non si elimina mai [Strano che non sia ancora nato un corso di laurea in Faccendierismo et similia]
– In inglese esiste la parola “accountable”: significa essere responsabile verso qualcuno. E non è un caso che in italiano un corrispettivo non esista […]
– Il problema è che l’Italia, vista dall’estero, non è un paese attraente per produrre (specie macchine –> vedi FIAT). Quindi noi non dobbiamo difendere le nostre industrie e basta, dobbiamo difendere le nostre capacità produttive. Altrimenti gli industriali useranno gli operai semplicemente per fare più soldi [Su questo concetto mi resta qualche dubbio, ma posso confermare di non avere una macchina FIAT, anzi di non avere proprio una macchina, quindi un po’ sono scusata, no?]
– In Italia brave segretarie e pessimi dirigenti [Secondo me il segreto sta tutto nell’occhiale un po’ porno: se i dirigenti scegliessero meglio gli ottici, forse…]
– Gli italiani non nascono geneticamente diversi o inferiori agli altri: lo dimostrano quelle imprese che in Italia funzionano. Ecco, gli italiani che ce la fanno sono cento volte più bravi rispetto al resto del mondo, perché devono lottare in un paese come questo [Quindi non è più “se riesci a New York, riesci ovunque”, ma “se riesci in Italia”… apposto]
– Oggi siamo ancora ai tempi dell’Azzeccagarbugli [Ho sempre detto che i Promessi Sposi sono un classico che non tramonta mai]
– In un mondo capitalista che va come si deve, chi fa bene qualcosa deve essere pagato altrettanto bene. Se una persona è brava, li merita tutti i soldi, questo non è scandaloso, scandaloso semmai è il contrario [Sarei salita sul palco e ti avrei abbracciato, ma poi chi la sentiva tua moglie!?]
– Creare più finanza buona ma ridurne il potere [Ecco, qui forse avrei bisogno di qualche ripetizione…]
– C’è un parallelismo inquietante tra Donald Trump e Berlusconi, che differiscono forse solo nei capelli [Sine verbis]
– Non vedo molti giovani qui: forse perché sono a lavorare per pagarsi la pensione [Sine verbis… again]
– Le liberalizzazioni sono state uno scherzo
– Il cambiamento viene dalla competizione
– La speranza del cambiamento in Italia nasce dalla disperazione [Diceva qualcosa di simile anche Marco Masini, o sbaglio?!]
– Probabilmente vincerà Obama: non tanto per i meriti suoi, quanto per i demeriti altrui [Mano sul cuore e inno nazionale]
– Spero che questo Manifesto aiuti a meditare, e forse a trovare speranza [Ma chi vive sperando…]

E poi c’è la dedica, e che dedica.
“Ai miei genitori che mi hanno spinto a credere in un mondo migliore e che con il loro esempio e il loro impegno mi hanno dato la forza di trasformare il loro desiderio in realtà”. Anche a me piacerebbe molto scriverla una cosa così, un giorno.

Insomma, caro Luigi, dopo questo incontro potrei pure comprarlo, e addirittura leggerlo il tuo “Manifesto capitalista” [“Una rivoluzione liberale contro un’economia corrotta”, Rizzoli].
Ma sarò sincera: se invece di aiutarmi a trovare speranza mi fa venire voglia di emigrare… be’, è la volta buona che chiamo lo chef e mi faccio fare una torta gigante tutta per me.

– Posted using BlogPress from my iPad

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