…e l’essere felicemente (librariamente) schizofrenici

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Le “Bustine di minerva” di Umberto Eco sono sempre illuminanti.
L’ultima che ho letto, del 27 gennaio scorso, lo è stata in modo particolare.
Perché ho capito quello che neanche lo specialista più bravo avrebbe fatto, risparmiandomi lunghi anni di dissertazioni sulla mia vita sdraiata in scomodi lettini (che non si usano più) e l’elargizione spropositata di euro (che invece si usa ancora, eccome).
Cito:
“Il mondo della ricezione (di coloro che gioiscono di varie proposte creative) è estremamente variegato. Io non credo che coloro che adorano la Tamaro vadano pazzi per “Finnegans Wake”. Nè credo che chi ama Joyce ami Dan Brown, a meno che sappia amministrare con saggezza la propria schizofrenia, come faceva Proust (autore di un indimenticabile elogio della cattiva musica)”.
E ancora: “Sia le persone insopportabilmente colte che quelle insopportabilmente ottuse o fanno l’una o l’altra cosa, e si vergognerebbero di tenere i piedi in due staffe (come invece deve fare ogni buon cavallerizzo)” [corsivo della p.l.]
Continuando poi sullo stesso tono, tra diatribe apparentemente insanabili: cena con caviale e lume di candela versus pizza take-away (schizofrenia culinaria), Leoncavallo e Schoenberg (schizofrenia musicale), arti figurative e Pollock (schizofrenia artistica). Per non parlare di quelle che aggiungerei io: dalla schizofrenia cinematografica alla televisiva, arrivando fino alla schizofrenia umana (alzi la mano chi non annovera, nel proprio pacchetto amici, qualcuno di talmente diverso che sembra venga da un altro pianeta!).
Ecco, caro Umberto, finalmente grazie a te l’ho capito: sono anch’io un’inguaribile schizofrenica. Ma, in fondo, non lo siamo un po’ tutti?
Ricordo ancora un’amica bibliotecaria che, a pranzo con altre colleghe davanti ad un piatto di polpettine e broccoli, nel bel mezzo di una dissertazione libraria da librarian, ha esclamato: “Io mi sono letta tutti i libri della saga Twilight, e lo dico pubblicamente con grande piacere! Erano mesi che una lettura non mi divertiva così”. So per certo che la medesima persona tra le sue letture ne annovera di diametralmente opposte, che Eco definirebbe immediatamente radical chic. Ma perché dovremmo smettere di essere letterariamente schizofrenici e buoni cavallerizzi se questo ci dà piacere, ci diverte, ci fa stare bene?
Ognuno ha – chi più chi meno – le proprie passioni nascoste. I propri libri proibiti: quelle letture che non ammetteremmo mai, ma che ci hanno divertiti molto più di tanti pamphlet radical chic. Perché ogni tanto fa bene, è come una boccata d’aria. Inutile dire di no. E anche tu, che con la testa stai ostinatamente negando: sicuramente qualche lettura proibita ce l’avrai. Magari non oggi, magari è stato ieri. Magari tu non la definisci così, ma attenzione: è solo la tua opinione, qualcun altro potrebbe farlo. E chissenefrega? L’importante è starci bene, nella nostra schizofrenia. Non vergognarsene. Eco ha adoperato una parola bellissima, oggi purtroppo molto poco usata: gioire.
Per quanto mi riguarda, da quindicenne ho divorato Va’ dove ti porta il cuore della Tamaro. E recentemente qualche polpettone di Dan Brown me lo sono letto, con un certo divertimento. Ma i Dubliners di James Joyce rimangono una delle opere che più mi ha segnata. Questo solo per citare i citati dal professor Eco: ne avrei ancora, fortunatamente.
Mi rimane solo un unico problema. Con chi mi conosce, ho sempre definito questa mia indole da poli opposti eclettismo. Come fare, ora, a spiegare loro che in realtà sono schizofrenica?

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1 commento

  1. Monica P. ha detto:

    Siamo decisamente tutti schizofrenici, cara Librarian. E chi se la tira dicendo di leggere solo Proust mente senza alcun dubbio. Harry Potter non va bene? Non “fa intellettuale”? Probabilmente no, ma siamo umani, e tutti abbiamo bisogno ogni tanto di distrarci e di fare finta di essere qualcun altro. Immedesimarsi in Bella o Edward? Perché no, non è un crimine, e chi li snobba è insopportabilmente ottuso, per dirlo alla Eco.

    E' come, per chi vive in laguna, dividersi tra la Fenice e le polpette di Renato. Che c'è di male?

    Brava, continua così.

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