La Librarian e il Polifilo: un amore cinquecentenario… a suon di ecciù

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Aspettando le vostre foto da lettori, continuo con le mie! Dopo un’efficace dimostrazione del potere della lettura in treno, torno a leggere comodamente… sul divano. Il mio luogo in assoluto preferito, naturalmente al secondo posto dopo il letto.
Con me c’è il mio libro per eccellenza: il Polifilo. Non potevo che iniziare da quello. Dentro c’è tutto ciò che ci dev’essere: plot avvincente, mistery, filosofia, arte, eros, passione e chi più ne ha più ne metta. Sicuramente di non facile lettura (anche se grazie alla magnanima Adelphi è corredato da una pratica traduzione in lingua moderna), ma altrimenti che gusto ci sarebbe?
Sfortunatamente, non possiedo quei “pochi” danari necessari all’acquisto dell’editio princeps datata 1499 ed uscita dai torchi dell’illustre Aldo Manuzio in quel di Venezia, ma finché non vinco al superenalotto mi accontento di codesta (che risulta comunque molto più maneggevole!)
Devo però confessare una piccola debolezza: quando mi avventuro tra le buie e polverose stanze ai piani alti della biblioteca in cui lavoro, non manco mai di sgattaiolare in quella che viene chiamata “sancta sanctorum” – sacra custore dei libri più rari – e far visita al vetusto originale almeno per qualche minuto. E’ così che avviene ciò per cui il mio naso è stato creato: annusarlo. E subito, qualsiasi cosa mi sia successa durante la giornata, mi sento un po’ più rincuorata e leggera. Trattasi infatti di liber taumaturgicus (mi si passi la licenza latina maccheronica!): ovvero dai poteri miracolosi, capace di curare l’anima e lo spirito
…un po’ meno il fisico, specie dopo una bella annusata da chi, come la sottoscritta, ha la sfortuna di essere allergico agli acari della polvere: inizia così il concerto degli ecciù. Ma trattasi pur sempre di manufatto cinquecentenario, sono clemente. E decisamente ne vale la pena.

In mano: Francesco Colonna (?), Hypnerotomachia Polophili, ristampa anastatica Adelphi, 2003.

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