Dalla città di K. non si scappa

Share
Immaginate di avere fra le mani una Polaroid. E scattate.
Che vi piaccia o meno, quella fotografia rimarrà lì così com’è, con tutti i suoi difetti, le facce strane, le pose sbagliate o i colori fuori moda. Non ci saranno possibilità di correzioni nè ritocchi alle sbavature.
Quella che avete davanti, però, non è certo l’istantanea di un gentleman. Agota Kristof, ungherese ma svizzera d’adozione, la macchina fotografica la sa usare fin troppo bene, e senza ripensamenti. La storia inizia quasi come un romanzone alla Dickens: due poveri gemelli, in tempo di guerra, fuggono dalla città per essere affidati alle cure della nonna… Peccato che, fin da subito, si scopra che la cara nonna è in realtà una strega, e i poveri gemellini due creature dall’intelligenza fuori dalla norma, capaci di raccontare, in forma di crudele diario, tutte le atrocità a cui assistono con occhi fin troppo adulti e spietati. Non c’è una data precisa, ma siamo di certo in tempo di guerra. Non c’è un luogo preciso, ma qualunque esso sia è un paese di morte, fame e distruzione. Forse gli stessi personaggi alla fine non sono nemmeno reali, e tutto si fa metafora di una storia in grado di appartenere ad ogni luogo e tempo. Vera protagonista è la scrittura secca, asciutta ai limiti del surreale, ma piena di magnetica sensualità. Una scrittura capace di trasformarsi radicalmente in ognuna delle parti di cui si compone la Trilogia, come se ci fossero tre scrittori in uno. Tre storie dalla comune anima nera in un lungo racconto che rimane lì, intatto, senza sbiadire. Una favola sinistra che non sarà per niente difficile divorare. Il difficile, semmai, sarà smettere di pensarci nei giorni successivi.
Del resto, non capita spesso di poter leggere una fotografia lunga 379 incredibili pagine.

La personal librarian consiglia:
Da consumare di notte, in completa solitudine e silenzio. Se proprio fosse giorno, corredato magari da uno splendido sole, chiudete i balconi, accendete la lampada sul comodino e soprattutto spegnete il telefono (onde evitare di starnazzare addosso al primo che vi distrarrà dall’intensa lettura).

La classe non è acqua:
Edizione in perfetto stile Einaudi, agile, leggera, facile da maneggiare e da leggere. Specie a letto, rischiarati solo dall’abat-jour.

Quote:
“Sì, c’è un solo mezzo per attraversare la frontiera: consiste nel far passare qualcuno davanti a sé”.
“La chiamiamo Nonna. La gente la chiama la Strega. Lei ci chiama figli di cagna”.

Voto: 9

Ed ora, mettetevi in posa… click.

Potrebbe interessarti anche...

1 commento

  1. giardigno65 ha detto:

    vero, libro bellissimo. Nella foto forse manca un po’ di luce

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *