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Quando non trovi le parole giuste, usi quelle di altri.
Io, ho deciso di usare un intero libro. Un libro difficile, spesso considerato noioso, che ci hanno costretto a leggere nei beati anni del liceo. Perché era il capolavoro del verismo. Perché era una delle pietre miliari della letteratura italiana. Perché le solite cose, le solite stronzate che ci dovevano inculcare a forza, senza rendersi conto di quanto poi, in realtà, la voglia di aprirlo e leggere diminuisse proporzionalmente.

All’università l’ho ripreso. Quando hai finalmente la facoltà di scegliere la facoltà, e tutto cambia dimensione e spessore, tutto appare diverso. Così, I Malavoglia non sono più stati qualcosa da leggere di malavoglia, neanche a farlo apposta. Con quel nome lì, come potevano partire col piede giusto di fronte a un ragazzino di quindici anni? Me li sono portati fino in fondo, fino a farne una parte di tesi di laurea. E forse è proprio per questo che oggi, passati alcuni anni, mi sono venuti in mente. Per quel film, anch’esso difficile e ostico quanto il romanzo. Un film che è uno dei tanti regali lasciati da Luchino Visconti, regista meraviglioso.

Mi viene in mente oggi. Oggi che la terra ha tremato. Che ha tremato e trema, e continua a farlo senza sosta. Mi vengono in mente un romanzo e un film che mi hanno toccata nel profondo. Con parole, e immagini, difficili da dimenticare.
Era un altro luogo, era un’altra terra, un altro tempo, altra gente. Ma gli animi, la rottura, l’amarezza, il dolore, il bisogno di sperare sono gli stessi, sempre.

Nella banalità che sento esserci in ogni cosa che mi viene da dire, che mi viene da scrivere, è bello e rassicurante trovare al posto giusto le parole giuste. Parole che rilette adesso sembrano raccontare qualcosa che non c’è più. Una città fantasma, che aspetta solo di poter essere, un giorno, ricostruita. Assieme a tutti gli animi spezzati.
Così, ancora una volta, trovo rifugio in un libro.
“Quando vi siete trovati di notte nelle vie deserte di una grande città, davanti
al fanale spento e col sigaro in bocca, non vi ha colpito l’impressione
straordinaria che produce in voi quella calma? Allora forse avrete cercato
dietro le finestre chiuse le vaghe forme indistinte di persone ancora deste, o
il capo sull’origliere che cerca il sonno con occhi spalancati, o il pallido
volto chino sulle pagine di un libro, o il passo ebbro dell’uomo che ha giocato
l’ultimo suo denaro, o il respiro pesante dell’operaio che riprenderà col giorno
il suo lavoro, un’espressione qualsiasi della vita che sentite in voi, e che vi
tace intorno.”
[Dalla prefazione di Giovanni Verga]

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