Credevo fossero libri…

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…invece era una truffa!

Roald Dahl, Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra, Guanda.

Proprio così, perché dietro quest’impettita figura di antiquario cartaceo – o bouquiniste, per i palati più raffinati – si nasconde un incallito truffatore. Con quel segreto in più. Capace di far sganciare montagne di quattrini ad ogni rispettabile famiglia bene londinese. Capace di far girare le budella ad ogni novella vedova (e nella tomba elegantemente foderata gli ignari defunti). Capace che con due mosse furbette ti rovescia come un calzino sporco tutta l’Inghilterra. Ma, si sa, la furbizia assieme all’ingordigia – in questo caso pecuniaria – non porta da nessuna parte. E così… presto verrà svelato il mistero, ed a rimanere in calzini sporchi non sarà certo la benemerita corona inglese.
Inizia da questo libro il viaggio nelle bibliocure. E non a caso.
Non a caso in quanto recentemente testato dalla sottoscritta durante quel fastidioso raffreddore che ha starnutito questo blog. E non a caso, soprattutto, perché possiede quelle caratteristiche che lo rendono una lettura perfetta nei giorni di inossidabile influenza: leggerezza, sia nel contenuto che nelle dimensioni, essenziale nei giorni di debolezza latente che anche alzare un dito diventa sforzo disumano. Nonchè breve, dal carattere chiaro e leggibilissimo senza alcuna lente d’ingrandimento che fa tanto nonno.
Il racconto è seguito da Lo scrittore automatico, utile se proprio la sfiga incombe e l’influenza tarda a guarire. Protagonista un giovane scribacchino che, non riuscendo a sfondare nell’editoria ma ritrovandosi in dote una mente matematica geniale, decide di inventarsi un marchingegno strano… Non me ne voglia nessuno, ma a parer mio più di qualche prolifico scrittore dei nostri giorni l’ha scoperto e ne fa spudoratamente uso.

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